Per capire cosa ci aspetta dalla Rivoluzione Industriale 5.0 dobbiamo fare qualche passo indietro e cercare di capire quale è il modello di pensiero che l’ha generata.
Umani vs subumani
Durante una recente intervista radiofonica (23 febbraio 2025) il vicepresidente della Knesset israeliana Nissim Vaturi ha auspicato l’esecuzione di tutti gli adulti palestinesi a Gaza e la totale cancellazione del campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Un auspicio che trova la sua collocazione storica nel solco tracciato da secoli di becero colonialismo. James Michael Cavanaugh (1823–1879), deputato democratico degli Stati Uniti eletto al quarantesimo e quarantunesimo Congresso (1867–1871), il 28 maggio 1868 dichiarò alla Camera dei Rappresentanti: “Preferisco un indiano morto che vivo. Non ho mai visto un buon indiano in vita mia, e ne ho visti migliaia, tranne quando ho visto un indiano morto“.
Nel corso della medesima intervista radiofonica, Nissim Vaturi ha apostrofato i civili di Gaza come “feccia” e “subumani”. Tra il XVI e XVII sec., l’espansione delle rotte commerciali verso le Americhe, l’Africa, le Indie e l’Estremo Oriente, e il consolidamento del primato inglese sui mari, conquistato a discapito delle flotte navali di Francia, Spagna, Portogallo e Olanda, e incentivato dai progressivi miglioramenti metallurgici nella costruzione dei cannoni e nell’impiego della polvere da sparo, consentì alle aristocrazie europee, e in particolare a quella inglese, di arricchirsi importando grandi quantitativi di materie prime, di metalli preziosi e di altre mercanzie (inclusi gli schiavi), esportando oltreoceano la famigerata ferocia dei conquistadores, l’evangelizzazione forzata dei miscredenti, l’alcool, il vaiolo, la gonorrea, la peste e altre calamità che hanno flagellato intere generazioni di razze giudicate inferiori. Nel XVI sec. il conquistador J. Ginés de Sepúlveda (1490-1573), umanista, filosofo e teologo spagnolo del Rinascimento spagnolo, difensore del diritto di conquista dell’Impero spagnolo, di colonizzazione, di conversione forzata nel Nuovo Mondo e sostenitore della schiavitù coloniale, distingueva gli uomini (spagnoli) dagli homunculi (indios), simili all’uomo, ma in realtà inferiori e animaleschi, quindi degni di essere trattati come subumani.
Una distinzione mai tramontata, che non verrà abbandonata dall’Illuminismo settecentesco, quando “l’animale posto più in alto, che di solito si pensava fosse la scimmia, era collegato con il tipo di uomo posto più in basso, di solito essere ritenuto il nero”[1]. Infatti era opinione comune che il ceto borghese illuminista a) avesse piena facoltà di rivendicare e di perseguire il diritto-dovere di civilizzare popoli e individui giudicati inferiori per le loro culture o il loro sviluppo, affinché tutti si conformino allo stato di civiltà e di sviluppo cui sono giunti i popoli e gli individui più illuminati, più liberi, più emancipati dai pregiudizi, quali i francesi e gli anglo-americani [Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat, Marquis de Condorcet (1743-1794)], e b) avesse piena facoltà di rivendicare e di perseguire il diritto-dovere di migliorare l’umanità attraverso una progressiva selezione e/o modificazione e/o integrazione e/o sostituzione, naturale e/o artificiale, dell’essere umano, seguendo i criteri dettati dal progresso scientifico (la scienza e la tecnica, in virtù dell’efficacia dei loro mezzi, possono trasformare ciò che si pensava naturalmente predeterminato).
Una distinzione che nel corso della seconda metà dell’800 confluirà nel darwinismo sociale di Herbert Spencer (1820-1903) e nell’eugenetica (o eugenica, ovvero genetica positiva), neologismo coniato nei primi anni ’80 del diciannovesimo secolo dall’antropologo, statista, psicologo, esploratore inglese Francis Galton (1822-1911), primo cugino di Charles Darwin, ad indicare un sistema di pensiero che teorizzava, con argomentazioni scientifiche estrapolate dalla neonata teoria mendeliana (delle modalità di trasmissione dei caratteri ereditari) e dalla neonata teoria darwinista (dell’evoluzione lineare, progressiva e ascendente dei sistemi biologici), il miglioramento progressivo della razza (razzismo biologico[2]) e la presunta superiorità intellettiva degli europei di sesso maschile, bianchi, istruiti e benestanti, rispetto agli altri gruppi razziali [Fig. 1] (ivi inclusi i gruppi sociali giudicati inferiori, come gli adulti bianchi dei ceti sociali svantaggiati e le donne, che venivano equiparati, per caratteristiche anatomiche e mentali, ai bambini maschi bianchi dei ceti ritenuti superiori, e presentati in chiave darwinista come esemplari viventi di fasi primitive dell’evoluzione lineare, progressiva e ascendente di questi ultimi).
Tra gli anni sessanta dell’800 e gli anni sessanta del ‘900 le politiche eugenetiche estesero agli europei giudicati non-adatti (disgenici) lo stesso trattamento disumanizzante, ora corroborato da tesi pseudo-scientifiche, che i coloni europei già riservavano da secoli ai popoli colonizzati. Le idee eugenetiche si diffusero a macchia d’olio nel Vecchio e Nuovo Continente, in Sud America in Oceania in Africa e nelle varie colonie sparse per il pianeta. Le pratiche di igiene razziale entrarono a far parte delle norme comportamentali collettive e istituzionali destinate al miglioramento della razza, legittimando una serie ininterrotta di crimini contro la persona e contro l’umanità, sfociati nelle atrocità inflitte a milioni di persone dal nazifascismo e dallo stalinismo (due regimi totalitari accomunati dalle stesse radici positiviste e dalla stessa passione per il pensiero eugenetico).

Fig. 1
Parisian world fair 1931
I Giardini zoologici umani erano mostre pubbliche (anche note come esposizione etnologica, mostra di esseri umani, villaggio dei negri) del XIX e XX secolo, che esibivano persone, quasi esclusivamente non-europei, trattate come animali da circo. Africani, asiatici, indigeni e molti altri esponenti di etnie non-europee venivano spesso ingabbiati ed esposti in habitat allestiti ad hoc per il piacere dei visitatori. I Giardini zoologici e le mostre di popolazioni esotiche divennero comuni dagli anni ’70 del XIX secolo agli anni ’30 del XX secolo, durante il periodo del Nuovo Imperialismo coloniale. Vennero allestiti in molte città del Vecchio e del Nuovo Mondo tra cui Amburgo, Anversa, Barcellona, Londra, Milano, Parigi, New York, Varsavia, St. Louis e New York City, e attirarono milioni di visitatori, con un giro d’affari enorme. La matrice razzista, alimentata dal darwinismo sociale e dal pensiero eugenetico, era il fattore comune a tutti questi eventi attrattivi, eventi capaci di celebrare la superiorità della razza bianca anche grazie alla esposizione denigratoria di un africano affiancato da una scimmia, a dimostrazione di una ostentata affinità morfologica e dunque genealogica.
Una distinzione talmente radicata nella mentalità occidentale, che ha continuato a vomitare il suo carico di odio razziale anche quando sembrava che la lezione impartita dal capitolo più buio della storia dell’umanità, la seconda guerra mondiale, l’avesse messa a tacere per sempre. Ma non è così, perché è giunta tale e quale sino a noi e nemmeno sotto mentite spoglie (e da che pulpito, un ebreo vicepresidente della Knesset israeliana!).
Dall’Uomo nuovo illuminista al processo di integrazione uomo-macchina positivista
Il declino del sistema feudale e la progressiva ascesa della borghesia medievale a ruoli di potere e a funzioni di governo, ha condotto il Vecchio Continente (17° secolo) a teorizzare e ad assumere un modello di pensiero materialista (che ha come oggetto di studio la res extensa e come obiettivo il suo sfruttamento), riduzionista (che concepisce la realtà come somma di parti o di unità sempre più piccole poste in relazione tra loro in uno spazio altrimenti vuoto) e meccanicista (che pone in relazione le parti affidandosi alle leggi della meccanica classica) basato su un rapporto privilegiato, tendenzialmente esclusivo, con la Scienza (che prima dell’avvento della rivoluzione quantistica poggiava solo sugli assunti – rivelatisi sbagliati – della fisica newtoniana), con la tecnica e con la tecno-logia.
Gli intellettuali illuministi settecenteschi adottano questo modello di pensiero ed escludono, con effetto retroattivo, dalla prospettiva di conoscenza dominante, tutto ciò che non attiene al mondo sensibile (res extensa), instaurando un modello paradigmatico materialista, riduzionista e meccanicista, in base al quale solo ciò che può essere spiegato razionalmente, e da cui sia auspicabile ricavare un profitto materiale, ovvero solo ciò che può essere calcolato, misurato, riprodotto ed eventualmente commercializzato, è degno di attenzione e può essere considerato reale. Tutto il resto appartiene a un piano di realtà fittizio, come la mente (res cogitans), oppure è il frutto di fantasie e di superstizione.
L’effetto retroattivo applicato alle nuove categorie del reale, conferisce all’Età dei Lumi il carattere di spartiacque tra una storia superiore, inaugurata con la formulazione di, e il ricorso a, leggi fisiche traducibili in un linguaggio quantitativo universale e costante (→metodo scientifico galileiano[3]), funzionale al catechismo del profitto imprenditoriale borghese, e una storia inferiore, scritta nel corso del tempo sulla base di categorie del reale generate in altri luoghi e in altre epoche, da altre comunità umane, attraverso forme di conoscenza diverse da quella adottata dagli illuministi.
Prende forma così l’Homo Technologicus (l’Homme Machine di J.O. de La Mettrie – 1747), un Uomo nuovo (Homme nouveau) che interpreta il mondo e sé stesso come un mosaico di componenti meccaniche in movimento, azionate dall’apporto di energia, suscettibile di essere misurato, calcolato, controllato, modificato, migliorato, riprodotto.
Per gli illuministi prima, e per i positivisti poi, l’Universo è un sistema meccanico di oggetti solidi (res extensa) che riempiono porzioni di uno spazio altrimenti vuoto, posti in relazione reciproca secondo leggi di moto che, almeno in linea di principio, sono calcolabili (previa la loro fattorizzazione[4]). Su questo Universo regna un Dio illuminista, un Deus otiosus. Un Dio logico come il suo predecessore, quello che si è fatto-Uomo-in-Cristo con un dogma della fede[5], accuratamente decontaminato da qualsiasi traccia di trascendenza, un Dio meccanico, un Grande Orologiaio. Un Essere Supremo, il Deus Absconditus degli esoterici, il Grande Architetto che grazie alla sublime arte della matematica e della geometria ha creato tutto ciò che popola lo spazio compreso tra la Terra e il Cielo, senza lasciare nulla al caso. Il Tutto, sostengono gli illuministi, è stato calcolato secondo un disegno matematico di causa-effetto, per essere consegnato nelle mani dell’Homme nouveau eletto dal Dio meccanico, ovvero nelle mani dei maschi-bianchi-istruiti-benestanti dediti allo studio, all’addomesticamento e alla manipolazione empiristica e utilitaristica della res extensa: gli unici esseri del creato in cui questo Dio ha compiutamente infuso la res cogitans.
Un Uomo nuovo incarnato dai banchieri-mercanti-artigiani del diciassettesimo e diciottesimo secolo, che non vogliono più essere secondi a nessuno, né al clero né alla nobiltà feudale. Un Uomo-macchina che capitalizzerà le risorse tecnologiche (seconda metà del 18° secolo, Inghilterra, Rivoluzione Industriale 1.0), vale a dire il sapere e il saper fare relativi alla ideazione, produzione e applicazione intenzionale di tecniche (procedure) manuali e/o strumentali finalizzate al soddisfacimento di bisogni antropici, introducendo e promuovendo la meccanizzazione del ciclo produttivo.
Un Uomo nuovo compenetrato da due anime, un’anima Naturofila (attratta da ciò che è naturale) e un’anima Tecnofila (attratta da ciò che è artificiale). Partendo da argomentazioni diverse ma complementari, le due anime dell’Uomo nuovo illuminista affermano che il futuro dell’umanità è posto, in ragione di un ordine naturale per l’una (anima Naturofila), e in ragione di un ordine meccanico per l’altra (anima Tecnofila), nelle mani dei popoli civilizzati occidentali, ovvero nelle mani dellaborghesia imprenditoriale e liberista, dei libertini-imprenditori di cui narra il Divin Marchese de Sade (1740-1814).
Le radici dell’anima Naturofila pescano nel retroterra culturale di origine ermetica-rosacrociana-massonica-esoterica (a cui si ispira il giacobinismo radicale e a cui si ispirerà sia Auguste Comte e la sua Chiesa Positivista, che la corrente conservazionista del tecno-scientismo progressivo ottocentesco), rintracciabile nel deismo[6] di Voltaire e dei philosophes, nelle idee universalistiche di Rosseau (attraversate da una aspirazione messianica a realizzare una società naturalmente perfetta) e nel panteismo naturalistico di Robespierre[7].
L’anima Tecnofila, invece, a cui si ispira la corrente meccanicista (the mechanical philosophy) e deterministadel tecno-scientismo progressivo, è figlia del suo tempo e nasce nel segno del dualismo cartesiano e della fisica newtoniana, inneggia al progresso come meta a cui inarrestabilmente tende il genere umano (il che voleva anche dire legittimare il messianismo colonialista, conquistatore e razzista, che pretendeva di civilizzare popoli giudicati inferiori per le loro istituzioni o il loro sviluppo) e alla perfettibilità indefinita del genere umano. E proprio l’ottimismo nei confronti della scienza, la fiducia nel progresso scientifico, contribuiranno a determinare un ribaltamento concettuale assai significativo: la categoria della naturalità, la supposta esistenza di un ordine naturale eterno e immutabile, viene incalzata da quella dell’artificialità, della modificabilità. La natura, compresa la natura umana, viene pensata come scientificamente perfettibile, liberandola dalla ferrea legge di necessità. Ciò che è scientificamente modificato e artificialmente costruito diventa desiderabile.
Saranno queste le basi che porteranno (Rivoluzione Industriale 1.0, Inghilterra, seconda metà del XVIII secolo) al primato positivista del modello liberista industriale ottocentesco, basato sull’uso mirato, imprenditoriale, specialistico dei sistemi meccanici azionati da fonti energetiche inanimate, che sfocerà nel processo di industrializzazione reso inarrestabile dalla Rivoluzione Industriale 2.0 (seconda metà del XIX secolo).
È in quest’epoca che il processo di integrazione tra uomo e tecnologia (sistemi meccanici) muove i suoi primi passi, traducendosi in un processo di integrazione uomo-macchina che, in conformità ai postulati delle due anime dell’Uomo nuovo illuminista,confluiti nel paradigma positivista, contempla l’idea di una umanità suscettibile di correzioni e di adeguamenti, che possono essere indotti sia naturalmente che artificialmente, allo scopo di rendere le caratteristiche e le prestazioni antropiche conformi alle caratteristiche e prestazioni dei sistemi meccanici.
Nel corso degli anni ’50 del XX secolo, il sapere tecnico e scientifico (fisica, ingegneria, chimica, biologia, telecomunicazioni, medicina) maturato e impiegato durante la prima e seconda guerra mondiale al prezzo di decine di milioni di morti, viene mutuato dalle filiere produttive nel settore civile e inonda il mercato con beni di consumo tecnologici che entrano per sempre nelle case di milioni di consumatori. In questo periodo, negli ambienti governativi e imprenditoriali del Vecchio e del Nuovo Mondo si fanno strada tre ambiziosi progetti a lungo termine: la manipolazione del materiale genico, la colonizzazione dello spazio e la creazione di macchine intelligenti. Il primo progetto si fa strada grazie alla formulazione della teoria cromosomica dell’ereditarietà (il materiale genico è costituito da DNA e non da proteine → Hershey-Chase, 1952) e alla scoperta della struttura molecolare del DNA (J. Watson, F. Crick, M. Wilkins e R. Franklin, 1952). Il secondo progetto si fa strada grazie al lancio sovietico del primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra, lo Sputnik 1 (1957).
Il terzo progetto si fa strada quando un giovane matematico americano, non ancora trentenne, John McCarthy, propose (1956) di creare un gruppo di lavoro che si occupasse di un nuovo campo di ricerca, che lui chiamò Intelligenza Artificiale (IA o AI, Artificial Intelligence).
Ognuno di questi tre progetti verrà sviluppato separatamente sia dagli americani che dai sovietici, ma sarà grazie all’applicazione del vannevariano academic/industrial/military iron triangle che gli Stati Uniti conquisteranno il primato mondiale in tutti tre i settori. Un risultato che deve molto del suo successo alla creazione (1958) dell’Advanced Research Projects Agency (ARPA), erede dell’OSRD (Office of Scientific Research and Development – 1941) e futura DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency – 1972), agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare[8].
La locuzione Artificial Intelligence, coniata da McCarthy, allude alla possibilità che l’intelligenza animale e umana, o almeno certi aspetti dell’una e dell’altra, possano essere simulati assumendo un modello di intelligenza (e un modello cognitivo in generale) ispirato al lavoro condotto tra gli anni ’40 e ’50, separatamente, da Claude Shannon (The Mathematical Theory of Communication) e da Norbert Wiener (Cybernetics). In estrema sintesi stando a questo modello: la strutturazione degli oggetti e dei fenomeni che osserviamo fuori e dentro di noi, inclusa l’intelligenza, avviene grazie ad una rete di sequenze di combinazioni (algoritmi), guidate da un codice (binario), tra determinati elementi strutturali (fattorizzabili[9]). Un modello di intelligenza che ripropone in versione 3.0 il modello di animale descritto da Denis Diderot[10] e quello di essere umano concepito da Descartes[11], ovvero: l’animale umano è un sistema meccanico la cui dinamica è calcolabile e per quanto complesso possa essere è riducibile ad un mosaico di unità costitutive interconnesse e fattorizzabili[12].
Obiettivo della ricerca sulla AI sarà quindi quello di: progettare sistemi artificiali che simulino le caratteristiche associate all’intelligenza umana, come la comprensione del linguaggio, l’apprendimento, il ragionamento logico, la risoluzione dei problemi ed altri aspetti fattorizzabili legati al comportamento sia animale che umano.
(A seguire: La computerizzazione della società è un effetto collaterale della computerizzazione della guerra)
[1] Mosse, G. L. (2003) Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, Editori Laterza, p. 18
[2] Il razzismo biologico si consolidò a partire dalla prima metà del ‘700 grazie alla prima classificazione antropologica delle razze. Carl von Linné (1707-1778) e Georges-Louis Leclerc, Comte de Buffon (1707-1788) introdussero la Tassonomia e suddivisero i popoli a seconda del colore della pelle, della dimensione e della forma del corpo, asserendo che le somiglianze fenotipiche costituivano appunto la razza.
[3] Si divide in quattro fasi, due induttive e due deduttive: osservazione, ipotesi, sperimentazione, matematizzazione.
[4] La fattorizzazione, l’operazione matematica che consiste nel decomporre o scomporre un insieme o un elemento dell’insieme per esprimerlo come prodotto di altri elementi dell’insieme stesso (fattori) più piccoli o più semplici, è un metodo pratico applicato per risolvere problemi basati su sistemi lineari (cioè sistemi reversibili e/o prevedibili e/o riproducibili), o su sistemi non-lineari (cioè non-reversibili e/o non-prevedibili e/o non-riproducibili) che per comodità vengono trattati (ad esempio su base statistica) come sistemi lineari. In linea di principio tutto può essere fattorizzabile, a patto che lo si riduca a sistema lineare o quasi-lineare.
[5] L’aver reso mortale l’immortale e immortale il mortale (la consustanzialità della pericoresi cristologica, base del dogma della Trinità), è una operazione di metafisica applicata per scopi pratici unica nel suo genere, che accoglie in pieno l’istanza aristotelica: ciò che attiene al Lògos (in Platone il Cielo iperuranico delle Idee), al Motore Immobile (in Aristotele la metafora della antistoricità della metafisica), per quanto sublime possa essere, è per definizione estraneo a questioni di ordine pratico e quindi non-utile, perciò, noi, cultori dell’arte-arma del logos (la Dialettica, la serrata applicazione pratica della logica, e la Retorica, l’abilità nell’uso della parola come chiave di ogni autorità nello Stato), ci volgiamo all’uso esclusivo della Ragione delle idee (della matematica e della geometria).
[6] Il deismo è una religione senza misteri e senza riti, contrapposta al teismo, che afferma solo verità ammesse e comprese dalla ragione: l’esistenza di un Essere Supremo, il Deus Absconditus degli esoterici, creatore e ordinatore dell’universo, causa superiore dell’esistenza e dell’ordine del mondo; l’esistenza del bene e del male e di una certa morale naturale; l’esistenza di un’anima immortale e/o di una vita post-mortem. Tutti temi che sono tornati in voga grazie al sincretismo che si è prodotto tra rivoluzione quantistica e filosofie orientali, in particolare il buddhismo, da cui ha preso forma una generazione di neo-deisti, sempre più convinti di avere prove scientifiche e argomentazioni filosofiche a sostegno dell’esistenza di una Coscienza Universale e di una vita post-mortem.
[7] Il 9 novembre 1792 il filosofo e matematico Caritat, marchese di Condorcet, sul giornale Chronique de Paris, di tendenza girondina, scrisse che Robespierre era il “capo di una setta”, un “predicatore” che “sale sui banchi e parla di Dio e della Provvidenza”. E concluse che Robespierre “è un prete e non sarà mai altro che un prete”. E non si può dire che Condorcet avesse torto. Il 7 maggio 1794, Robespierre fece decretare dalla Convenzione l’esistenza dell’Essere supremo e l’immortalità dell’anima, nominando sé stesso – per la Festa dell’Essere supremo – sommo sacerdote di questa evanescente divinità.
[8] Nel 2012 La Russia ha creato una agenzia militare analoga all’americana DARPA, la Advanced Research Foundation (ARF) and Defence Industry. Cina, Giappone e Sud Corea si stanno attrezzando.
[9] La fattorizzazione, l’operazione matematica che consiste nel decomporre o scomporre un insieme o un elemento dell’insieme per esprimerlo come prodotto di altri elementi dell’insieme stesso (fattori) più piccoli o più semplici, è un metodo pratico applicato per risolvere problemi basati su sistemi lineari (cioè sistemi reversibili e/o prevedibili e/o riproducibili), o su sistemi non-lineari (cioè non-reversibili e/o non-prevedibili e/o non-riproducibili) che per comodità vengono trattati (ad esempio su base statistica) come sistemi lineari. In linea di principio tutto può essere fattorizzabile, a patto che lo si riduca a sistema lineare o quasi-lineare.
[10] “The » following general definition of an animal: a system of different organic molecules that have combined with one another, under the impulsion of a sensation similar to an obtuse and muffled sense of touch given to them by the creator of matter as a whole, until each one of them has found the most suitable position for it shape and comfort”, Denis Diderot
On the Interpretation of Nature (1753).
[11] “When a rational soul is present in this machine it will have its principal seat in the brain, and reside there like the fountain-keeper”, Descartes, Treatise on Man, 1633, § 131.
[12] La fattorizzazione del comportamento animale e umano, che per sua natura non è lineare, e più in generale la fattorizzazione di un processo biologico qualsiasi, che per sua natura è basato su una non-linearità di tipo caotico, è la premessa per la loro reificazione, per la loro degradazione a “cose” prive di vita (necrofilia). Come scrive Erich Fromm (1964): La persona necrofila è spinta dal desiderio di trasformare l’organico in inorganico, di avvicinarsi alla vita meccanicamente, come se tutte le persone viventi fossero cose. Tutti i processi viventi, i sentimenti e i pensieri vengono trasformati in cose.