Rita Levi-Montalcini, il NGF e il reward system

Abstract: In questo articolo ci focalizzeremo sulla vita della neurologa vincitrice del premio Nobel nel 1986, passando poi a capire cosa sia il NGF il nerve growth factor da lei scoperto e studiato; per finire vedremo qualche correlazione con il reward system, il sistema della ricompensa a base dopaminergica così importante in molte malattie e stati di benessere.

Rita Levi-Montalcini: biografia

Rita nasce a Torino il 22 aprile 1909 con la gemella Paola, da Adamo Levi matematico ingegnere, e da Adele Montalcini pittrice. Cresce con una mentalità vittoriana ma in qualche modo anche aperta soprattutto alla ricerca intellettuale, trasmessale dall’ambiente familiare molto colto. Decide di iscriversi a medicina e chirurgia all’università nonostante l’opinione contraria del padre, che la vorrebbe piuttosto moglie e madre nel senso classico dei termini. Sceglie di iscriversi a medicina perché la sua adorata governante proprio quell’anno dopo una lunga malattia muore, e l’elaborazione di tale perdita è fonte di ispirazione per Rita. Dopo pochi anni entra a far parte della scuola di istologia, appassionandosi agli studi sul sistema nervoso. Luria e Dulbecco sono suoi compagni di studi. Si laurea in 6 anni con 110 e Lode. Dopodichè si specializza in neurologia. Pochi anni dopo è costretta a spostarsi in Belgio in seguito alle persecuzioni razziali contro gli ebrei, ed è ospite dell’istituto di neurologia dell’università di Bruxelles: può dedicarsi a studiare la differenziazione del sistema nervoso. Torna a Torino dove allestisce presso la sua camera una sorta di laboratorio. Ciò su cui vertono gli studi è il ruolo dei fattori genetici vs i fattori ambientali nella differenziazione neurale. Può osservare tra i pionieri il fenomeno dell’apoptosi, processo studiato meglio decenni dopo. Le leggi razziali la costringono a varie peregrinazioni per l’Italia: a Firenze ad esempio svolge il ruolo di medico presso il quartier generale anglo-americano, occupandosi di malattie infettive; questo la fa rendere consapevole del fatto che è troppo vicina al dolore dei pazienti, per cui preferirà dedicarsi alla ricerca, ambito da cui sempre era tra l’altro appassionata. Negli anni 1940 è invitata negli USA per validare i risultati ottenuti negli anni precedenti durante i suoi studi: continuano le ricerche sugli embrioni di pollo. È qui che scopre il NGF, nerve growth factor: in seguito all’innesto di cellule tumorali negli embrioni da lei studiati si producevano piccoli gomitoli di fibre nervose, fenomeno dovuto ad un fattore chimico. Così presenta tale tesi negli anni 1950 a New York, in ambito accademico. Prosegue tali studi a Rio de Janeiro rimanendo nelle Americhe per circa trent’anni, soprattutto negli USA. È nel 1952 che scopre appieno l’NGF, molecola che fa crescere e differenziare le cellule nervose. Le ricerche proseguono appunto per trent’anni fino alla premiazione con il Nobel, per la medicina insieme a Stanley Cohen, un biochimico. Rita si dedica a ricerche anche in Italia dove tra l’altro è insegnante per molte università ed è anche nominata senatrice a vita (nel 2001). Muore a 103 anni il 30 dicembre 2012 a Roma.

Il nerve growth factor

Il Nerve Growth Factor (NGF) viene ampiamente descritto nelle sue caratteristiche fenomenologiche, biochimiche, d’azione, dalla stessa dottoressa Rita Levi-Montalcini in un esteso articolo del 1968, ovvero oltre dieci anni dopo la sua scoperta. È una nucleoproteina isolata nel 1954 a partire dal sarcoma 180/37 derivato da cellule di topo, avente le proprietà proliferative (di attivazione della crescita e differenziative) sulle cellule sensoriali e simpatiche di tipo nervoso. Pochi anni dopo si riscontrano come possibile fonte anche il veleno di serpente e le ghiandole sottomascellari salivari di topo. È esistita in realtà una ampia precoce letteratura che ha studiato tale fattore, anche prima che la Montalcini lo isolasse rivelandone molte proprietà.

La scienziata poi si occupa delle caratteristiche nella risposta di crescita delle cellule nervose sensoriali e simpatiche negli organismi viventi. Ella rileva come nei gangli sensoriali si verifichi un aumento di ampiezza di tali gangli a partire dal sesto giorno di incubazione con i materiali biologici descritti: accade quando le fibre nervose stabiliscono contatti con le cellule neoplastiche. Dall’undicesimo giorno tale dimensione va al triplo rispetto alle strutture controlaterali. Le cellule stesse a partire dal settimo giorno sono diverse per dimensione, pattern di sviluppo, e distribuzione periferica. Insomma si verifica un aumento cellulare in senso ipertrofico e iperplastico: sono maggiori le dimensioni ed è maggiore il numero di cellule. Questo, come la studiosa sostiene, è dovuto al continuo micro-rilascio di NGF da parte delle cellule tumorali che sono in attiva crescita e sollecita i gangli adiacenti e a contatto con la sostanza; l’effetto è più locale che generalizzato.

Sembra poi che non ci siano variazioni degne di nota nei sistemi nervosi enterocettivi e propriocettivi.

Gli studi per quanto riguarda i gangli simpatici sono stati fatti sia su embrioni che su topi appena nati e adulti. Gli effetti diventano visibili a partire dal sesto giorno: c’è riscontro di attività mitotica, accelerazione dei fenomeni maturativi, e ipertrofia delle cellule nervose differenziate. Insomma le cellule simpatiche si comportano in modo analogo a quelle sensoriali/sensitive.

Ci sono anche alcune differenze come:
1) tutta la popolazione ne è sensibile
2) la crescita riguarda tutti gli stadi cellulari
3) è una risposta maggiore rispetto a quella dei gangli sensitivi
4) si verifica un’invasione a livello viscerale da parte delle cellule cresciute. Ci sono ipotesi come spiegazione ma ancora sono necessari approfondimenti.

Nell’articolo poi Rita Levi-Montalcini passa ad occuparsi di funzioni biochimiche e dati tecnici studiati con Cohen e probabilmente anche con Angeletti (co-autore dell’articolo): come l’halo fibrillare (meccanismo per cui la cellula si attiva in seguito a NGF), o i mezzi liquidi e solidi utilizzati per studiare le crescite.

Le fonti biologiche in cui trovare l’NGF sono: sarcoma 180/37, ma anche altri tumori come il neuroblastoma o il granuloma (o il veleno di serpente e le ghiandole sottomascellari). Sembra che tutto sia da ascrivere al mesenchima, un tessuto attivo in una certa fase di sviluppo embrionale.

Ovviamente anticorpi anti NGF rallentano ed inibiscono la crescita delle cellule nervose suddette.

La scienziata passa nuovamente alla esposizione di dati tecnici che riassume così: esistono tre subunità della molecola, di cui però soltanto una parte è biologicamente attiva, essendo le altre ad attività regolatoria che controlla la prima in modo allosterico.

Tratta poi come l’NGF agisce dal punto di vista metabolico: di fatto ad esempio, aumenta l’utilizzo del glucosio (ma non di altri zuccheri) da parte delle cellule nervose ricettive, e che questo ha effetti anche sui percorsi ossidativi in modo diretto. NGF poi è in grado di stimolare i processi di sintesi anche a livello lipidico, per percentuali che vanno dal 60-90%: si osserva una maggiore sintesi di lipidi, probabilmente per una maggiore disponibilità di NADPH. Analogamente si sono osservati aumenti nella sintesi proteica con aumento di incorporazione di aminoacidi marcati negli studi ad hoc. Anche la sintesi di RNA aumenta, in vista appunto della creazione di nuove proteine.

Nell’articolo si parla anche di EGF (fattore di crescita epidermico, studiato particolarmente da Cohen), e di altri simili fattori di crescita, riscontrati negli studi in modo parallelo ma non attivi sul sistema nervoso.
In sintesi si descrive nuovamente la proprietà come fattore di crescita dell’NGF: sembra avere proprietà enzimatiche, di agire e fungere anche come inducer e in parte come ormone. Questo perché ha caratteristiche anaboliche, ma non è un ormone convenzionale, anche per la scarsa specificità.

La studiosa conclude che ci vorranno ulteriori progressi per capire altre caratteristiche generali e meccanismi d’azione effettivi della molecola da lei isolata che in apparenza non appartiene a nessuna delle categorie già presenti in ambito scientifico soprattutto per la doppia caratteristica di crescita e differenziazione su cellule animali.

Correlazioni con il reward system

Ciò che si evince da quanto detto finora è che tale fattore di crescita è alla base dei meccanismi di induzione della cellula verso la proliferazione, una sorta di benessere della cellula: solo in condizione di benessere infatti la cellula può crescere e moltiplicarsi facilmente. Anche il reward system è attivo in tali circostanze, ma a livello sistemico: si parte sempre da basi neurali localizzate, ma ci si estende a tutto l’organismo, all’intera vita umana, alla totalità della nostra esistenza. Quindi i sistemi dopaminergici base del reward system e nerve growth factor (nei settori specifici ma con analogie) sono accomunati dal fatto che garantiscono il benessere delle cellule, dei tessuti, dell’essere umano.

Non solo, ma come vedremo tra poco sono connessi anche perchè i fattori di crescita agiscono stimolando il sistema di reward.
Per congiungere i due concetti, mi baserò su alcune ricerche trasversali trovate sul motore di ricerca scientifico PubMed:

Le neurotrofine, incluso il NGF, e anche il BDNF (brain derived neurotrophic factor) e le neurotrofine 3, 4, 5, hanno un ruolo chiave nella regolazione e nella induzione della plasticità neuronale e sono coinvolte nella patogenesi di molte malattie. Essenzialmente, il BDNF che è la neurotrofina più presente nella VTA, area tegmentale ventrale centro del sistema di reward, dà un supporto trofico ai neuroni dopaminergici. Ha un effetto potremmo dire psicostimolante e impatta sulle vie mesolimbiche. Ovviamente lo stress, anche sociale, aumenta l’espressione di BDNF così da stimolare il sistema di reward per contrastare l’effetto negativo della situazione stressogena che di per sè sarebbe deprimente e porterebbe ad evitamento sociale. Tutto ciò avviene anche cronicamente. Questo studio ci fa capire come le neurotrofine siano strettamente connesse con situazioni complesse come lo stress e i disturbi dell’umore.

Un altro studio dimostra come il BDNF abbia un ruolo nelle vie mesolimbiche relativamente a stress con conseguenze depressive. Riepiloga come la dopamina aumenti in situazioni stressogene, e verifica che il BDNF normalizzi le funzioni di stress iperattivate per condizioni esterne negative. Sembra addirittura che il BDNF sia in grado di ridurre le dispercezioni depressive più dell’aumento delle funzioni dopaminergiche.

Addirittura esistono sostanze che possono stimolare la neurogenesi, tramite fattori di crescita, come ad esempio l’estratto di ginseng coreano rosso

In certe patologie come lo stroke si osservano disfunzioni del CDNF (cerebral dopamine neurotrophic factor – che risulta ridotto in caso di persone colpite da ictus), come che ci sia uno squilibrio tra questo fattore di crescita e l’intero reward system, ovvero il sistema dopaminergico in quanto tale, condizione che si verifica misurandolo a livello piastrinico parallelamente a modifiche centrali. Un altro studio dimostra che il CDNF ha un ruolo neuroprotettivo contro l’ischemia cerebrale. La sua espressione risulta up-regolata nei tessuti peri infartuali a due ore di ischemia, come che serva per proteggere il tessuto. Il CDNF poi ha un ruolo di aiuto contro la neuroinfiammazione, sopprimendo la secrezione di fattori infiammatori e ha un ruolo protettivo contro l’azione aggressiva della microglia attraverso una via cellulare biochimica correlata ad infiammazione, mediata da una protein-kinasi.

Vediamo quindi come i fattori di crescita stimolino, attivandolo, il sistema di reward: solo in una condizione di benessere è possibile garantire le funzioni vitali, sia dell’individuo che della specie e tali molecole sono un’ancora di salvezza pronta a bilanciare i nostri neurotrasmettitori quando un evento negativo esterno ci ha aggredito. Infatti un altro studio riferisce che tutti i sintomi tipici delle conseguenze da stress (anedonia, iper-ansietà, risposte apparentemente di passività), siano concomitanti non ad un iperattivazione dopaminergica considerata ad ora tipica delle condizioni psichiatriche classiche, ma siano invece parallele ad una riduzione nell’attività della dopamina a partire dalla VTA, e un aumento relativo locale dell’attività GABAergica, con un’ipersensibilità al GABA. Un ulteriore studio si occupa della resilienza: è la capacità a fronteggiare gli ostacoli, le situazioni negative in genere ed uscirne migliorati. È dovuto a molti fattori, genetici, epigenetici, psico-sociali etc, ma se si vuole concentrarsi su elementi specifici si può dire che il BDNF, il recettore della dopamina D4, il CRH, e l’ossitocina sono tra i responsabili maggiori di questa capacità e caratteristica.

Vediamo quindi che i fattori di crescita neurali sono fondamentali per tutte le nostre funzioni.
I fattori di crescita tra cui l’NGF, ma includiamone pure altri, si concentrano sulla VTA che è il centro del reward system e aumentano la produzione e la secrezione di dopamina, più alta in condizioni di stress, così da ridurre le sensazioni negative permettendoci un certo grado di benessere e di resilienza. È quindi sempre importante dedicarsi a studi cellula-molecola, ma è sempre fondamentale tenere presente la condizione nel suo senso più complesso e completo: non solo i fattori di crescita inducono aumento delle potenzialità della cellula, ma sono in grado di regolare in modo positivo ed incrementale le caratteristiche di reward. In sintesi ed in termini estensivi hanno capacità di aumentare il nostro benessere in condizioni di bisogno, e garantiscono la nostra sopravvivenza al meglio.

BIBLIOGRAFIA Rita Levi Montalcini

-Wikipedia

-Nerve growth factor, Rita Levi-Montalcini e Pietro Angeletti in Physiological Reviews 1968

-Miei articoli sul reward system

-Neurotrophins in the VTA, Nikulina et al, Neuroscience 2014

-Essential role of mesolimbic BDNF in chronic social stress induced depressive behaviors, Wook Koo et al, Biol Psychiatry 2016

-Stress induced plasticity and functioning of vta dopamine neurons, Douma et al, Neurosci Biobehav Rev 2020

-Korean red ginseng promotes hippocampal neurogenesis in mice, Ryu et al, Neural Regen Res 2020

-Decreased expression of CDNF in platelets of stroke patients, Joshi et al, J Stroke C Dis 2020

-CDNF has neuroprotective effects against cerebral ischemia, Zhang et al, Int J Mol Sci 2018

-A systematic review of genetic influence on psychological resilience, Niitsu et al, Biol Res Nurs 2019

-CDNF protects microglia by combining with akt (…) during neuroinflammation, Zhang et al Biomed Pharmacother 2019

-Rostrocaudal subregions of the vta are differentially impacted by chronic stress, Bambico et al, Psychopharmacology 2019

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