Psicologia e architettura: quale relazione?

L’articolo intende proporre una sintetica panoramica dell’ambito di studi della psicologia dell’architettura, partendo da brevi cenni storici ed illustrando gli aspetti salienti della disciplina tra cui l’analisi del rapporto tra l’ambiente e l’uomo, la configurazione della collaborazione tra lo psicologo dell’architettura ed il progettista, per giungere infine alle attuali evidenze neuroscientifiche.

Ogni giorno vediamo e sperimentiamo ambienti e luoghi diversi – case, uffici, negozi, parchi – senza soffermarci molto sulle sensazioni che ci creano. Eppure ogni luogo inevitabilmente ci influenza, in maniera positiva o negativa. Come mai? 
Esiste una disciplina che si è occupata di indagare il rapporto tra l’ambiente e le persone, la psicologia dell’architettura: scopri quando nasce e cosa ha scoperto.

La psicologia dell’architettura prende origine dal più vasto ambito della psicologia ambientale e nasce negli anni ’50-’60 inizialmente in America, per giungere successivamente anche in Europa.

I primi studi effettuati in questo ambito approfondirono il ruolo svolto dalla ristrutturazione edile sul comportamento dei pazienti di un ospedale psichiatrico, ma l’attenzione si spostò successivamente anche agli ambienti lavorativi e residenziali.

Il ruolo che assume la psicologia dell’architettura diviene quindi nel corso del tempo quello di fornire collocazione e basi scientifiche al rapporto che intercorre tra le caratteristiche dell’ambiente e dello spazio e le risposte emotive che ne derivano. Per sviluppare progettazioni di ambienti costruiti che riescano a rispondere alle necessità materiali ed emotive dell’uomo è risultato pertanto fondamentale la multidisciplinarietà scaturita tra architettura e psicologia.

I luoghi, elemento fondamentale dell’esperienza

I luoghi infatti costituiscono un elemento fondamentale dell’esperienza e contribuiscono allo sviluppo dell’identità personale, al pari delle relazioni amicali e familiari.

Si rileva di conseguenza una reciprocità tra lo psicologo dell’architettura e il progettista, poiché il primo aiuta a trasformare il pensiero razionale dell’architetto in azione progettuale e traduce quegli aspetti che soddisfano i moti affettivi della persona che abiterà quel luogo.

Il prodotto diviene accettabile nel momento in cui si è in grado di creare un’armonia tra la funzionalità, l’usabilità e la gradevolezza; nella trasformazione dello spazio vi è inoltre la necessità di approfondire le modalità con cui la persona affronta le sue esperienze e i suoi desideri vivendo l’ambiente costruito.

L’architettura include inevitabilmente degli aspetti sociali, degli effetti psicologici e dei valori formali, e l’interpretazione dello spazio non può che essere un’indagine dello stretto rapporto tra la dimensione umana nella sua complessità e l’ambiente che scaturisce dalla progettazione.

All’interno della progettazione architettonica si rende quindi necessario tenere in considerazione diverse teorie psicologiche, tra cui quella di prossemica e la teoria dei colori, ma anche fattori biologici, come l’insieme degli elementi fisici, fino alla complessità di numerose altre variabili.

Neuroscienze e architettura

I recenti studi neuroscientifici hanno permesso di dimostrare che un utilizzo adeguato dello spazio permette di arricchire le analisi della ricerca architettonica e valorizzare la specificità delle realizzazioni. Gli USA sono molto avanti nella ricerca neuro-architettonica. Presso l’Accademia delle Neuroscienze per l’Architettura di San Diego, ad esempio, si studiano le reazioni del sistema nervoso all’ambiente.

Questi studi permettono di comprendere in modo approfondito come l’ambiente costruito possa influenzare la salute e il benessere delle persone e anche come le persone riescano ad espletare le proprie funzioni vitali e professionali nei vari ambienti in cui vivono e quali stati d’animo in questi ambienti si producano.

Il precedente approccio progettuale-teorico generava spazi che si determinavano come causa di malessere ambientale per lo scarso coinvolgimento delle persone nelle attività che vi si svolgevano. Si è giunti quindi alla considerazione che proprio il rapporto tra spazi, persone e attività, inteso come sistema complesso di interazioni, contribuisca in modo prevalente a determinare la qualità delle esperienze.

L’ambiente permette, anche a livello intuitivo e non sempre razionalizzabile, sensazioni di benessere oppure di malessere.

Il contributo delle neuroscienze degli affetti ha messo quindi in evidenza che alla percezione della realtà corrisponde un’esperienza riguardante la sfera del piacere e degli affetti.

Attraverso le tecnologie di visualizzazione cerebrale si è anche dimostrato che le emozioni sono frutto di stati somatici, elettrici e chimici. Per la maggior parte di questi studi le emozioni precedono la consapevolezza dei nostri sentimenti, nel senso che permettono pre-cognitivamente di fornire informazioni sulle nostre reazioni. Le emozioni sono radicate in modo profondo fin dal primo istante di ogni esperienza ambientale e di conseguenza architettonica.

Il ruolo dell’insula

Gli studi che fanno capo al neurobiologo A.D. “Budd” Craig hanno evidenziato l’attivazione della corteccia insulare destra in situazioni o ambienti stimolanti e della corteccia insulare sinistra in situazioni tranquille. Gli ambienti quindi possono incoraggiare l’attività parasimpatica (e indurre il rilassamento) oppure quella simpatica (e aumentare il consumo di energia). Sembra quindi importante che nelle attività di progettazione venga selezionata la tipologia di ambiente in base agli effetti che può produrre, riposanti o stimolanti.

Non si può sottovalutare la componente emotiva suscitata dall’ambiente costruito. La psicologia dell’architettura, attraverso un’analisi multidisciplinare approfondita, punta ad avvicinare due figure che potrebbero lavorare in sinergia per promuovere il benessere in diversi contesti: lo psicologo e il progettista.

Lo Psicologo dell’Architettura

La figura dello psicologo dell’architettura deve pertanto trovare una sua precisa definizione attraverso la considerazione che ogni tipo di forma, proporzione o spazio, attraverso le proprie funzioni, produce effetti precisi sulla mente e sulle emozioni. 

Alla luce di quest’asserzione si può dire che le discipline che si occupano di spazio come l’architettura dovrebbero pertanto tener conto degli studi che si occupano delle caratteristiche degli effetti che lo spazio costruito produce proprio sulle emozioni e sulle relazioni umane.

W. Churchill affermava “Noi diamo forma ai nostri edifici, che a loro volta ci formano”: oggi finalmente sappiamo che il suo pensiero corrisponde a verità.

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