Le nozioni di anima, mente e corpo sono emerse nella Grecia antica, a cominciare da Omero, Eschilo e Sofocle a Platone e Aristotele e giungere sino agli stoici. Sono archetipi che mostrano ancora grande efficacia nel cogliere e illuminare la nostra “essenza” di individui, un’entità che rimane tuttora misteriosa.
L’Iliade con l’Odissea, scritte intorno al 700 a. C., è ritenuta la prima e la più grande delle creazioni letterarie della Grecia antica. La vita degli eroi omerici è “un’esistenza tutta fisica”, anche se qualcosa comunque rimane dopo la morte, qualcosa che Omero chiama psyche.
Psyche diviene nei pensatori greci il termine privilegiato per indicare il respiro, lo spirito, l’anima, parola che oggi chiamiamo mente, io, sé.
Soma e psyche sono le due parole – afferma Anthony A. Long nel suo libro La mente, l’anima, il corpo. Modelli greci (Einaudi)– che stanno alla base del pensiero filosofico greco
La psyche di Omero, di Eschilo e Sofocle, disincarnata, spettrale e senza vita, subisce una straordinaria trasformazione con Platone, il quale teorizza il concetto di un’entità che identifica “nell’immortalità spirituale” il proprio destino finale.
Le prime testimonianze dell’idea di un’anima immortale risalgono a Pitagora e ai culti di Dioniso e Orfeo, che parlano di una vita nell’aldilà. Successivamente, Anassagora, Empedocle e Pindaro offrono le prime indicazioni sulla distinzione tra intelletto (nous) e materia, attribuendo a ogni persona uno “spirito divino” (daimon). Ma è Eraclito il filosofo che prima di Platone sviluppa una concezione sulla natura dell’anima, considerata come l’essenza dell’individuo.
Tutto il pensiero filosofico greco da Platone in poi si fonda sul principio della natura umana composta di soma e anima (psyche). Uno dei temi principali della filosofia di Platone è infatti il dualismo di anima e corpo. Un concetto che gli permette di sviluppare le sue antitesi: mortale-immortale; salute mentale-salute morale; conoscenza-opinione; apparenza-realtà; disordine-armonia.
L’anima è l’identità essenziale della natura umana. Di qui, l’ideale di Socrate e Platone diretto al benessere e alla salute dell’anima considerata sostanza immortale, incorporea, incorruttibile, invisibile, perfettibile e divina. L’anima, per Platone, tende a volare in alto nel cielo, là dove potrà osservare le realtà ultime e conoscere i primi principi – le idee – e raggiungere così la verità. Anche per Aristotele, la vita umana migliore si caratterizza per l’azione virtuosa dell’anima.
Platone e Aristotele, ma anche i filosofi che sono venuti dopo di loro, in particolare gli stoici, attribuiscono alla ragione (all’anima) un’essenza divina, la causa “più potente”, dice Long, per il benessere e la felicità umana (eudaimonia), uno stato dell’animo libero da turbamenti.
“Le nostre menti – scrive Crisippo, uno dei più influenti filosofi stoici – sono legate e avvinte a Dio, come parti e frammenti di Lui”. Egli ha messo vicino “ a ciascuno” anche un guardiano, il demone (daimon, spirito divino), affidando ogni uomo alla “sua protezione”. E’ il daimon – aggiunge Epitteto (55 d.C.) – a consentire agli esseri umani di avere un controllo totale su stessi e le loro esperienze.
Invero, l’essere umano viene definito e descritto su diversi piani. Per i fisici, noi siamo fatti di atomi e molecole, per i chimici, la vita è l’espressione di complesse reazioni chimiche. I fisiologi ci parlano delle funzioni dei vari organi del nostro corpo. Il riduzionismo neurobiologico afferma che noi siamo il risultato di una miriade di cellule nervose. “Non siamo altro – dice Francis Crick – che “un pacchetto di neuroni”, mentre per Desmond Morris, noi non siamo che “scimmie nude”. Altri scienziati asseriscono che l’essere umano è una “macchina” (Dawckins) controllata dai geni.
Non tutti sono concordi con queste ultime teorie. Autori, come McGrath e D. Noble dichiarano infatti che si tratta di semplici congetture filosofiche, spacciate per opinioni scientifiche.
Analizzare una realtà biologica qual è il corpo umano ( o il cervello) non equivale a definire l’ essenza dell’essere umano. Ma l’ essenza, quella che da sempre viene definita anima o psiche, esiste?
Nei culti misterici greci, si credeva che l’anima immortale, imprigionata nel corpo fisico, potesse “liberarsi” solo al momento della morte. Abbiamo esaminato sopra le varie dottrine circa l’ immortalità e l’ immaterialità dell’anima. Aggiungiamo che la filosofia moderna, con Cartesio, attesta che l’essere umano è composto da un corpo fisico e da un’anima immortale. Si ribadisce dunque una distinzione tra il corpo materiale e l’anima immateriale considerata un’entità spirituale ed eterna.
Come abbiamo detto, l’idea di anima immortale nasce nella cultura greca, ma non è – precisa lo scienziato e teologo McGrath, “un concetto biblico”. Per l’Antico Testamento, l’uomo è “un corpo animato, non anima incarnata” (Robinson), è una ‘entità singola, una unità inscindibile”. Non c’è posto nella Bibbia cristiana dell’idea di “anima” intesa come entità immateriale. Anche nelle nuove neuroscienze non c’è posto per “l’anima”. La concezione che troviamo nelle neuroscienze e nella teologia è quella di considerare l’essere umano come “un’unità fisica”: un “unico corpo”, non un “corpo e un’anima” (W.S. Brown et ali).
Sia la narrazione teologica che quella neuro scientifica hanno quale principio quello di considerare l’idea di Dio come un fatto “naturale”, un’attività cognitiva “innata” della persona umana (Barrett).
Una risposta
La vera psiche è il divenire dell’anima e l’anima vive fino all’ultimo respiro della psiche ma l’arte della filosofia la usa nel discorrere e non ha molto di scientifico la fisica la chimica nell’agire senza l’anima non impoveriscono l’opera scientifica ma se viene usata l’anima è una sorte di oltre , essa entra in gioco quando si vuole dare di più e non ha nulla a che fare con lo spirito o Dio anche se i dogmi la usano. L’anima proviene dalla più remota e profonda parte della mente e del corpo e sicuramente quando la usiamo ne siamo inconsapevoli , però gliene diamo atto.