Il nostro comportamento è determinato dai geni? L’innamoramento è solo un processo biologico? Esiste una bellezza universale? Siamo (i maschi) poligami “per natura”? L’aggressività è un prodotto del nostro passato di scimmie cacciatrici? Domande come slogan dal sapore sensazionale di questo tipo sono diventate il pane quotidiano della divulgazione scientifica, dai documentari fino ai trafiletti sui giornali. Come tutto ciò che riguarda la cara vecchia natura umana, queste domande (con relative risposte) suscitano di solito un grande interesse e accesi dibattiti. L’invasione della genetica e delle neuroscienze nel nostro panorama mentale ha comunque ridotto il senso di stranezza e scandalo, tanto che le interpretazioni biologiche del comportamento sono diventate un fatto quasi scontato aprendo una rivista come Focus. In realtà, la percezione di queste teorie oscilla tra la sensazione che si cerchino conferme di banalità popolari (ovviamente gli uomini sono dei porci!) e un certo ironico scetticismo di fondo. Sappiamo tutti che il nostro comportamento è ben più complesso di questi schemi così riduttivi! Purtroppo, il modo in cui gli argomenti sono trattati di solito non aiuta ad andare al di là delle impressioni. Guardando le cose dall’interno della psicologia, c’è davvero una rivoluzione in atto. L’approccio evoluzionista sta conquistando da anni spazi sempre più vasti, forse senza che gli stessi psicologi se ne rendano pienamente conto. La psicologia dello sviluppo, quella delle emozioni e quella sociale sono le branche più influenzate dal pensiero di tipo etologico-biologico, che negli ultimi anni si è raccolto metaforicamente sotto l’etichetta di “psicologia evoluzionistica” (d’ora in poi abbreviata in PE). Prima di tutto, cerchiamo di stilare un quadro sintetico di questo approccio e dei suoi risultati, spiegando in cosa consiste la sua novità. Cercheremo anche di chiarire in modo semplice alcuni fraintendimenti molto comuni che ostacolano la comprensione di questo tipo di ricerche. Il nocciolo della psicologia evoluzionistica è fondato sul principio che: la mente umana, come il corpo umano, è un sistema evoluto per selezione naturale. In quanto tale, consiste in una serie di adattamenti, cioè meccanismi innati e specializzati per svolgere determinate funzioni. Le funzioni degli adattamenti psicologici possono essere molteplici, ma devono in ultima analisi essere dirette ad un migliore successo riproduttivo, unico motore dell’evoluzione. L’uomo, come tutti gli animali, ha fronteggiato per millenni una serie di problemi tipici della sua specie: non farsi uccidere, trovare del cibo, comunicare con i suoi simili, orientarsi, trovare un partner e allevare dei figli, costruire degli utensili, pianificare il futuro, conquistare e mantenere una reputazione sociale, gestire i rapporti familiari e così via. La mente attuale è il prodotto di una lunghissima storia evolutiva in cui sono sopravvissuti i geni di coloro che meglio degli altri sono riusciti a fronteggiare con successo questi problemi. Nel frattempo, la nostra specie ha acquisito le caratteristiche fisiologiche, sociali e comunicative che la caratterizzano. L’ambiente in cui questa evoluzione è avvenuta, inteso in senso globale (comprendendo i luoghi e le modalità di vita, le altre specie animali e gli altri esseri umani), viene chiamato “ambiente di adattamento evoluzionistico (AAE)”. L’AAE può essere esemplificato dalla vita delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti, che tra tutti gli esseri umani vivono nelle condizioni (ambientali e sociali) più simili a quelle in cui i nostri antenati sono vissuti per centinaia di migliaia di anni. In altri termini, la nostra mente è adattata per massimizzare il successo riproduttivo in condizioni di vita simili a quelle in cui si trovano i popoli un tempo definiti “primitivi”. L’intervallo di tempo che separa questo stile di vita dalla nascita delle civiltà e dal nostro mondo attuale è, sul piano evoluzionistico, troppo breve per aver condotto a modifiche di rilievo nella struttura del nostro corpo e della nostra mente. Noi siamo, biologicamente, gli uomini dell’età della pietra.
I campi della PE
Tendiamo a questo punto di redigere un breve elenco delle aree della psicologia più influenzate dall’approccio evoluzionista. La psicologia della percezione e della memoria ha visto fiorire negli ultimi anni una serie di modelli di matrice evoluzionista per spiegare le caratteristiche della percezione e dell’apprendimento come specializzazioni legate a diversi problemi ambientali. Esempio: ci sono zone del cervello che sembrano destinate unicamente alla percezione dei volti umani. Nel campo dell’età evolutiva, la teoria attualmente più influente (ed empiricamente verificata) sulla struttura delle relazioni genitore-bambino è la teoria dell’attaccamento, uno dei migliori e più sviluppati esempi di PE. All’interno di questa teoria sono stati individuati degli schemi di relazione tipici, che sembrano universali e indipendenti dalla cultura. Sono state proposte anche teorie evoluzioniste del linguaggio, visto come una caratteristica biologica e “istintiva” della specie umana. Le teorie che cercano di spiegare come facciamo a capire quello che gli altri pensano (e perché alcune persone sembrano incapaci di farlo, come gli autistici) sono fortemente caratterizzate da considerazioni di tipo evoluzionistico. La psicologia delle emozioni non è più pensabile senza riferirsi alla biologia: esempi in questo campo sono le teorie funzionali delle emozioni (a cosa servono nell’uomo?) e gli studi sul riconoscimento transculturale delle espressioni facciali. Nella psicologia sociale, i tre ambiti in cui la PE è maggiormente influente sono lo studio dell’aggressività, quello delle relazioni familiari e quello (ovviamente) della sessualità. L’ultimo punto è forse quello che ha dato luogo alle maggiori controversie: nel campo della riproduzione (con tutti i piacevoli e spiacevoli annessi) maschio e femmina sono massimamente diversi a livello biologico, ed hanno (in tutte le specie) interessi divergenti quando non opposti. Ci si può quindi aspettare di trovare qui le maggiori differenze anche a livello mentale e comportamentale. I risultati delle ricerche in questo campo sono tra i più interessanti, oltre che i peggio divulgati. Aspetti molto interessanti, inoltre sono quelli filosofici ed etici. Cosa ci può dire la PE su fenomeni quali la guerra, la violenza sessuale e il disagio psicologico? Quali sono le altre determinanti della natura umana e come si relazionano con questo punto di vista? Le teorie della PE, anche se empiricamente supportate da prove e studi, valgono ancora per il singolo individuo? Cosa possiamo dire del cambiamento politico e sociale? Concludiamo osservando quanto la PE effettivamente apra dei nuovi orizzonti alla psicologia tradizionale immettendoci in un oceano ancora da esplorare.