Una nuova teoria della mente

Storicamente, la mente è un campo d’indagine dei filosofi. Già i Greci con Platone avevano inventato termini come “anima”. Successivamente Cartesio sottolineò la qualità speciale della mente che ci permette di sapere che noi siamo noi in virtù del fatto che siamo capaci di pensare chi siamo.

Oggi, molti studiosi, come Thomas Nagel e David Chalmers, descrivono la coscienza come “sensazione fenomenica” (la cosa, ad esempio, che fa sembrare rosso il rosso). Essi definiscono tali sensazioni qualia.

I neuroscienziati- scrive Joseph LeDoux nel suo nuovo libro “I quattro mondi dell’uomo” (Raffaello Cortina Editore)- hanno il compito di “focalizzarsi sul problema reale della coscienza”, ossia “spiegare, predire e controllare le proprietà fenomenologiche della esperienza cosciente”, accettando che la coscienza “fa parte della nostra composizione fisica e biologica”. Se la coscienza non è uno stato fisico, non può essere indagata scientificamente.

Francis Crick, al riguardo, ha sostenuto che noi non siamo altro che “un pacchetto di neuroni” e Richard Dawking ha osservato che “siamo macchine di sopravvivenza”.

In realtà chi siamo e come siamo diventati quelli che siamo rappresenta un tema che da sempre è stato oggetto di analisi da parte di filosofi e scienziati. Allo stato delle conoscenze, sono le nuove neuroscienze a fornirci le risposte più convincenti. Sono questioni complesse, delicate e difficili che hanno prodotto molte teorie sulla mente e la coscienza. Ultimamente è stato il neuroscienziato LeDoux a proporre una nuova concezione della mente.

Le nostre attività mentali, egli scrive, sono il “frutto di processi fisici che avvengono nel cervello”. La nostra natura mentale coincide con il complesso delle connessioni sinaptiche”, le quali agiscono sotto il controllo dell’influenza genetica, che conferisce al nostro cervello “qualità uniche”, rendendoci tutti uguali e distinguendoci anche gli uni dagli altri. La nostra conoscenza di chi siamo e in che modo pensiamo sono operazioni acquisite attraverso l’esperienza.

In realtà, quello del Sé, dell’Io, della mente e della coscienza, per i neuroscienziati, è il problema dei problemi. I tentativi di ricollegare la mente al cervello sono stati affrontati da autorevoli scienziati, come ad esempio Antonio Damasio e Michael Gazzaniga, i quali enfatizzano l’importanza dei processi inconsci nella produzione cosciente.

E’ tuttavia LeDoux che nella sua recente opera riparte per spiegare “come siamo noi umani”, fornendo una nuova concezione su un problema che appare ancora un mistero perenne.
L’essere umano ha una struttura biologica che è “il fondamento della struttura neurale, la quale è alla base della struttura cognitiva e rende possibile la struttura cosciente”.

Ogni discorso su di noi come esseri viventi, per LeDoux, è racchiuso nelle “interazioni” tra i modi di essere biologico, neurologico, cognitivo e cosciente. Sono i quattro mondi di esistenza. Tutto ciò che noi siamo è “incluso” in questi mondi di esistenza tra loro intrecciati. Questi quattro mondi dell’uomo riguarda, quindi, il “come siamo”, ossia che cosa significa essere un essere umano.

Fin dall’antichità, i filosofi hanno concepito il corpo e la mente come aree di esistenza separate: il corpo è fisico, la mente invece è immateriale che pensa, percepisce, crede, sente e immagina. A lungo oggetto di competenza della filosofia, la mente nel Novecento è diventata un tema scientifico con la nascita delle nuove neuroscienze. Si ammette infatti che le concezioni filosofiche relative ad una mente non osservabile non sono compatibili con i metodi della scienza e con le ricerche empiriche.

La mente umana è stata raccontata da molti punti di vista. La nuova visione di LeDoux definisce la mente (e quindi l’essere umano) come composto da quattro mondi di esistenza fondamentali, paralleli e incrociati, i quali “riflettono” il nostro passato evolutivo e rendono conto dei nostri modi di essere presenti. Noi esistiamo nell’ambito di questi quattro mondi “in ogni momento della vita”.

Oggi, il termine mente (Sé, io, coscienza) è riferito alle caratteristiche di un soggetto. Platone prima e Cartesio dopo consideravano la mente come un’anima immateriale e immortale. L’anima di Cartesio rappresentava la tradizione cristiana, che la considerava alla base dell’individualità.
Nel XX secolo, con la comparsa delle neuroscienze, la mente veniva considerata come un sistema di “elaborazione dell’informazione”.

La realtà è che nel mondo accademico l’accordo su cosa sia la mente è “scarso”. Si parla di sé cosciente, sé illusorio, sé inconscio, sé incarnato, sé sinaptico. James pensava che il sé è un concetto difficile da concepire. Per Freud, il cosciente, o Io, era solo una parte della mente, le altre due erano l’Es e il Super-io. L’inconscio era più importante della coscienza. Insomma, c’è molta confusione sulle definizioni. Che cosa è il sé è ancora un mistero.

Ci prova Joseph LeDoux a fare chiarezza. Al centro della sua teoria c’è il concetto secondo cui allo stato attuale della storia evolutiva esistano quattro modi fondamentali di esistere sulla Terra: quello biologico, quello neurologico, quello cognitivo e quello cosciente.
Ogni essere vivente che sia mai esistito, per LeDoux, è esistito biologicamente. Alcuni esseri biologici possiedono un sistema nervoso. Soltanto gli animali possiedono un sistema nervoso. Dal mondo neurobiologico dipendono il mondo cognitivo e quello cosciente. Questi quattro mondi sono “correlati” gerarchicamente, sono “congiunti e interdipendenti”. E’ un intreccio inestricabile dalla cui continua “interazione” scaturisce la nostra mente, unica tra i viventi per la sua “capacità” di sperimentare noi stessi come “un passato, un presente e un futuro”. Una capacità in virtù della quale noi costruiamo una “narrazione” della nostra vita.

Nessun altro animale infine ha un cervello umano. I mondi degli altri animali funzionano diversamente dai nostri.

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